lunedì 15 ottobre 2012

SONO VENETO BLUES



Che a leggere il titolo del post mi vengono i brividi. Però sì, "Imerio" è un libro sul Veneto. A un amico gli ho pure piazzato la dedica "Il Veneto ai veneti!" che mi fa rabbrividire, ma era per prenderlo per il culo. Sì è un libro sul Veneto, con parti persino in veneto, nel senso del dialetto, perchè è casa mia. Non c'è niente da fare. La prima cosa che dico sottovoce dopo uno spettacolo è: "Ma si sente dall'inflessione che sono veneto?", quando, per caso, mi rispondono di no tiro un sospiro di sollievo, ma io non ci posso fare gnente. SONO VENETO! Nato a Neuchatel da padre lunigianese, ma veneto. Cazzo! Qua è dove sono cresciuto, tra due passaggi a livello tra le linee Treviso - Vicenza e Venezia - Bassano e stò posto lo amo come si amano dei genitori che ti fanno drammaticamente girare i coglioni ogni santo giorno, ma sono i tuoi genitori: li conosci da quando "senti" qualcosa e mica puoi farne a meno tanto facilmente. Però so tutto. So che la ricchezza è cresciuta molto più velocemente del saver stare al mondo e che siamo una regione piena d'ignoranti arricchiti che appena escono in un consesso più ampio fanno la figura dei coglioni e se ne accorgono; perciò tra le due vie del cercare di acculturarsi un pochetto e isolarsi dal resto d'Italia, per esempio, scelgono la seconda, che costa meno fatica. So che abbiamo la memoria corta: che trattiamo quei che vien da fora come ci trattavano i francesi dopo la seconda guerra mondiale quando andavamo a cercare lavoro. So che frequentiamo le chiese come nessun altro al mondo e poi diciamo: "Vuto schei? Va lavorar e no sta rompere i cojoni col domandar carità!" e giù un bel bestemmione, che tra noi e i toscani non si sa chi vince in ridicolizzare la famiglia di Dio, ma loro, anche i contadini ti citano a memoria un canto della Divina Commedia a memoria e noi molto più in là della bestemmia non andiamo. So tutto, che cazzo. So che abbiamo l'etichetta perenne dei gnurant, come una sorta di peccato originale e come tali eleggiamo gente nei sogli che contano a nostra immagine e somiglianza: proprio come gli italiani che hanno eletto Berlusconi. A immagine e somiglianza desiderata. So che facciamo ridere i polli e che vorrei stabilirmi, chessò, a Torino o a Bellinzona, che sono i posti a cui sono e sono stato più legato, ma, guardacaso, sono proprio i posti in cui i veneti, a suo tempo, soprattutto emigravano. Sono un veneto fottuto, lo so, e non ne sono orgoglioso, ma quando torno da spettacoli, concerti e tutte quelle balle là, questa è casa mia e qui ci piango davvero bene.

mercoledì 3 ottobre 2012

L'ANNIVERSARIO DI GLENN

Mica è semplice tenere un blog. Sempre qualcosa da scrivere, possibilmente che non siano puttanate e proprio per quest'ultimo motivo fare stà cosa diventa arduissimo. Io ho ripreso perchè il 25 ottobre esce "Imerio" e bloggare un poco mi pare che possa essere un discreto traino per il libro medesimo. Mia opinione, naturalmente. Ma oggi sono contento di postare qualcosa perchè domani, 4 ottobre, è il 30^ anniversario della morte di uno dei più grandi personaggi che io abbia mai ascoltato avvicinarsi a uno strumento. E' curioso perchè non è affatto un musicista di blues, musica di cui sono stato innamorato per molto tempo e che, alla fine, m'ha trasmigrato in Africa. Non è neppure un musicista di rock, nel senso più lato possibile, che continua ad accompagnarmi. E' un musicista classico e, ancor oggi, non so perchè, io che non distinguo un DO da un mulo parlante, lo sento enormemente vicino, come se lui e io potessimo discorrere tranquillamente e alla pari d'argomenti di cui non capisco una beatissima ostia. Eppure è così. Non avrei neppure immaginato, un giorno, di avere degli argomenti su Johan Sebastian Bach, di cercare notizie su di lui e persino di leggere monografie che lo riguardino, se non fosse transitato su questa terra Glenn Gould. Che razza di sortilegio ha tirato fuori perchè entrassi anch'io a far parte della schiera di quelli che amano la musica classica senza capirne una mazza? Non lo so, non potrei spiegarlo. Fortunamente ci sono persone che hanno condiviso questa stranissima sorte e ne hanno dato testimonianza.
Da Katie Haffner: "Glenn Gould e la ricerca del pianoforte perfetto".
"Il modo di suonare di Gould ha provocato una risposta viscerale in gente che non avrebbe mai pensato di fermarsi e ascoltare davvero la musica classica. C'era qualcosa nel silenzio, fra e dietro ogni nota, nella ricchezza delle diverse voci, che rapiva l'immaginazione e faceva sì che gli ascoltatori avvertissero che la loro vita sarebbe stata migliore e più profonda.
Ad alcuni, quelli che già conoscevano bene la musica, il modo di suonare di Gould ha offerto la possibilità d'ascoltare qualcosa di nuovo. Altri, che non avevano un'affinità speciale con la musica classica, hanno raccontato d'aver percepito una maggiore sintonia con la musica ascoltando per la prima volta Gould che suonava....Un'autista dell'UPS di Roanoke, Virginia, raccontò a uno studioso di Gould della volta in cui udì qualche battuta delle Variazioni Goldberg provenire dalla radio del furgone e di come istintivamente avesse cominciato a cercare un'altra stazione. Ma siccome era impegnata in una svolta e aveva bisogno d'entrambe le mani la musica era continuata, e continuata ancora, trasformando la donna in una devota ammiratrice dell'arte di Gould".
E poi, naturalmente, maestro Evan Eisemberg nell'"Angelo con il Fonografo".
"Alla mia generazione si può forse perdonare un certo risentimento verso Glenn Gould, "colpevole" ai nostri occhi d'aver abbandonato il palcoscenico prima che ci fosse data l'opportunità d'ascoltarlo dal vivo. A dire il vero all'epoca eravamo troppo occupati ad ascoltare i suoi dischi per accorgercene. Le sue incisioni ci mostravano che la musica classica non era tutta sentimento e decoro, abiti da sera e volontà di compiacere il proprio insegnante; poteva essere anche spigolosa e solitaria, eccitante come una scatola del piccolo chimico, una partita a scacchi o lo scroscio della pioggia sul parabrezza. E i suoi scritti, se allora li avessimo notati, non solo ci sarebbero apparsi ugualmente eccitanti, ma ci avrebbero suggerito una nuova interpretazione della musica stessa".
30 anni fa domani, all'ospedale centrale di Toronto moriva Glenn Gould. Ma ogni volta che metto un suo cd
lui si mette al piano davanti a me, seduto su quell'eccentrica "sedia pigmea". Eccentrica come il suo padrone che suona l'Adagio del concerto BWV 974 facendolo apparire comprensibile persino a un somaro come me.

lunedì 1 ottobre 2012

LIBRI DI SPORT (E NON DI BLUES)

Cosa sarebbero stì LIBRI DI SPORT?  Ah, io non lo so. Son gli altri che parlano di libri di sport, come se fossero una roba particolare della, chiamiamola così, letteratura, che anche quest'ultima io non so bene cosa sia. Però di certo stanno da una parte delle libreria: quella con scritto sopra SPORT. Lì ci puoi trovare di tutto: dal manuale per spaccare in due con la testa un blocco di porfido fino a "Futbol" d'Osvaldo Soriano. Tutto lì dentro. Ci si può trovare persino "Il Centravanti è Stato Assassinato Verso Sera", "Il Maledetto United" e persino "Il Professionista" come se fossero la stessa roba delle "Dieci Lezioni per Diventare un Maestro di Tantra Yoga". Però è così che funziona: tutti gli argomenti della narrativa sono una roba, lo sport è tutt'altra. Lo sperimentai per la prima volta nel 2008 quando passai da scrivere libri attinenti al blues ad "A Pedate". "A Pedate" riraccontava 11 celebri partite di calcio cercando lo stesso modus operandi che avevo tenuto per "Compagno Di Viaggio - 9 Racconti in Blues", mettendomi, se possibile, nei panni dei protagonisti e provando a vivere per un poco nella loro pelle. Che fossero Blind Arvella Gray o Ferenc Puskas per me era proprio lo stesso. L'accoglienza di chi aveva idolatrato "Compagno di Viaggio" e "Bluespadano" s'ammosciò. "Un libro sul calcio?". Come se avessi sputato su ciascuna delle due tombe (ma adesso pare ce ne siano tre) di Bobby Johnson, in cui nessuno sa se sotto ci sia veramente lui. E lì a spiegar loro che era stata la mia infanzia vedere Giggirriva tirare delle gran pappine verso la porta d'Anzolin e piangere quando il Milan perse a Verona il campionato del 1973. Mica ero cresciuto pescando pescigatto sullo Yazoo River e mangiando pomodori verdi fritti. No. Ero venuto su vedendo perdere Bitossi a Gap, che quello, vacca ladra, era davvero un gran blues. Ma niente da fare. Non c'era stato verso. Lo sport era una roba che sta più in basso, anche se a ben vedere il buon Omero, con l'Iliade, aveva scritto un libro di sport, solo che Aiace Telamonio mica aveva la punta della spada protetta: a Troia mica arrivavano alle 15 stoccate. Lì era buona la prima. Ciò nonostante rivendico a tutta voce che il cercare di ricreare le emozioni d'un emigrante in Francia, sfruttato e preso per il culo dai transalpini, o in Belgio, nero per la polvere di carbone, quando Bartali e Coppi mollarono tutti sull'Iseran nel Tour del 1949 o quando Fiorenzo Magni si cinse la corona consecutiva dei Giri delle Fiandre, vale come qualsiasi altro argomento. Cristo Santo. Insomma. "Il Professionista" di W.C. Heinz fotte tutti i libri che ho letto quest'anno: persino "Hhhh" di Laurent Binet e "Giuliano" di Gore Vidal. E Elmore Leonard c'ha scritto pure la prefazione o la postfazione, in cui dà le regole per come dev'essere la forma d'un libro, che ti puoi attenere oppure no, sono affari tuoi che mica hai l'obbligo di frequenza. Ma postfazione o prefazione? Che non mi ricordo, con tutto stò casino di libri e cd dappertutto non ci si capisce più un'ostia e non si ritova più niente. Almeno avessi uno scaffale dedicato allo sport che lo ritroverei subito. Vacca ladra.