Questo post è anche diretta conseguenza del fatto che un'amica m'ha regalato un nano da giardino, Brontolo, per la mia perpetua tendenza al brontolamento esplicitata in una nota community. Tutto ciò m'ha molto divertito, ma fatto anche riflettere: vuoi vedere che Daniela c'ha pure ragione? Che sto diventando un vecchio trombone? Da tutto ciò discende "Brontolo and Maracanazo Blues" che inizia immantinente e che va letto, forse inutile precisazione, con una certa ironia.
Perdonatemi, ma io posso sopportare:
1. I giornalisti che conducono la lettura dei quotidiani del mattino a RadioTre e che poi rispondono alle domande degli ascoltatori sulla crisi con una sicumera che lascia interdetti, tanto si sa che fanno parte d'una categoria che la crisi manco la sentono da lontano.
2. Esperti di vario genere interrogati sullo stesso tema sempre da RadioTre (io quella ascolto) che concionano sulla medesima questione e conservano lo stesso atteggiamento: osservano come chirurghi le interiora d'un paziente devastato da una metastasi e dicono "cosa vuoi fare, questo deve morire"! e fanno richiudere scuotendo la testa, tanto comunque il cancheraccio ce l'ha il paziente e mica loro.
3. Lo stato in cui versa la scuola, visto che il rettore dell'Università di Venezia parla in tivvù delle difficoltà dell'Ateneo che presiede e tu ti domandi come cazzo possa parlare di problemi della scuola e abbia potuto diventare rettore di quell'Università essendo stato il tuo PEGGIOR (per doti umane, che spesso sono fondamentali per una didattica) professore nel quadro d'un percorso di studi durato 20 anni che ha passato in rassegna una cinquantina d'insegnanti che non hanno affatto lesinato nel raggiungere punte verso il basso.
4. L'evidente nepotismo nei ruoli più pagati dell'Amministrazione Pubblica, in particolare nel settore dell'informazione, che perpetua la separazione tra le classi per nascita e anche il detto: "chi ce l'ha nel culo, per favore, se lo tenga!".
ma, proprio, vado via di matto quando:
1. Si parla della semifinale di quella merdina di "Confederation Cup", pompata a manetta perchè ormai il calcio deve pomparsi da solo, tra Brasile e Uruguay e la si confronta col memorabile afflato e affatto metaforico e sorianamente trattato "Maracanazo" del 16 luglio 1950.
2. Si introducono con effrazione bojate come "Ho scelto di Stare davanti alla Porta" di Sandro Mazzola e Marco Civoli e "Gli Angeli Non Vanno Mai In Fuorigioco" di Fabio Caressa, nella sestina finale del premio letterario sportivo più importante d'Italia, con l'unica finalità di riempire una piazza piuttosto che di preoccuparsi di questioni di, parola ormai desueta, LETTURA. (A quelli che penseranno che ce l'ho perchè "Imerio" non è stato selezionato, rispondo che c'erano tanti altri libri che meritavano quei tre posti (perchè ce n'è un terzo che non cito che mi ruga i marroni per l'evidente compiacenza della scelta), tra cui capolavori assoluti, piuttosto che l'evidente pattume libro-televisivo selezionato).
3. Un libraio, diventato mio amico, mi comunica che nella sua libreria d'improvviso esplode la foga dell'acquisto dei libri di Mario Rigoni Stern, autore nato e vissuto a non più di venticinque chilometri dal luogo dove la libreria si trova. Al suo chiedersi come mai ciò possa accadere risponde un lettore: "Ciò stò Rigoni Stern ze stà da Fazio a settimana scorsa!".
Devo dire che ciò che ho scritto è in linea colla cosidetta strategia del "Conflitto" elaborata da Massimo Carlotto, ma visto che non ho accesso liberamente a quotidiani o altri mezzi di comunicazione di massa, l'applico alle community e al mio liberissimo blog, mentre accarezzo con affetto il mio amico Brontolo, il nano da giardino che ora vive in appartamento.
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