lunedì 22 luglio 2013

MUHAMMAD ALì, STORIA DI UNA RIVOLUZIONE

Non c'è niente da fare. A me piace la Storia. Fin da bambino, quando lessi tutto "Conoscere", ma con particolare gusto quando si parlava di Storia. Chissà perchè? Ma tant'è. Per questo, credo, io amo il Romanzo Storico, anche se cercare esattamente di capire cosa sia il romanzo storico ci vorrebbero 65 post, altrui e miei, e alla fine non c'avremmo capito un cazzo. Amo anche slittare dal Romanzo Storico ai libri che parlano di Storia, possibilmente non scritti da storici che tendono sempre un po' ad arronfare il lettore, e alle Biografie. Ho scoperto che, in genere, amo i biografi connazionali del personaggio trattato, perchè vivono nello stesso paese e, probabilmente, hanno un medesimo modo d'annusare l'aria. Non a caso ho amato alla follia, per esempio, "L'ultimo Treno Per Memphis/Amore Senza Fine", la biografia di Elvis e "Sweet Soul Music" scritte entrambe da Peter Guralnick che hanno dato un bello scossone all'idea che potessi, un giorno, magari scrivere qualcosa. Allo stesso modo non ho per nulla amato, proprio no, un libro sul quale m'ero buttato a capofitto, "Bartali, la strada del coraggio", un libro d'una gran bella casa editrice, 66th and 2nd, con una bellissima copertina, ma che però, in questa occasione, ha pescato il granchione. Sarà un caso che il libro su Bartali sia stato scritto da Aili e Andres Mc. Connon, per nulla toscani, se non, forse, abitanti del Chiantishire, ma incapaci di capire "eh sì dopo una maialata costì, l'è facile dimentihar le hose". Insomma, a mio avviso, bisogna esser biografi di compaesani e di connazionali se si vuol esser credibili, ma ci sono circa un migliaio d'eccezioni. Ve n'espongo due: di due amici, che si tende sempre a far la Cupola.
"Blues" d'Edoardo Fassio, che è fosse l'unico libro sul blues in Italia scritto immedesimandosi sui personaggi,  con semplicità, piuttosto che trattandoli con enfasi psicologizzante che per leggerli ci vuole un vocabolario per capire che cazzo voglia dire o non dire una frase e "Muhammad Alì - storia di una rivoluzione" d'Andrea Bacci di cui adesso vi racconto, perchè questo è solo il preambolo e adesso, dalla prossima riga, viene lo svolgimento.
"Muhammad Alì", diciamolo subito così ci togliamo il pensiero, è un libro che ti cappotta, perchè parla d'un personaggio amatissimo. Io da bambino, alla scuola elementare, durante la ricreazione pugilavo sotto un salice e facevo Cassius Clay: indietreggiavo e colpivo l'avversario. Clay era magnifico. E poi quando son diventato appassionato di blues ho, erroneamente, osservato adorante le icone dei poveri neri redenti dalla musica e dallo sport. Osservavo cazzate e mi piacciono un sacco i libri che le evidenziano alla faccia mia. Clay falsamente povero, ma iconograficamente povero, che diventa campione del mondo battendo in due incontri truccati Sonny Liston che, invece, è il classico prodotto dello slum, che perdipiù ascolta per allenarsi "Night Train" di James Brown. Che alla fine ho fatto il tifo per Sonny, perchè era veramente uno venuto fuori dalla merda e a forza di pugni una posizione da meno schifo è riuscito a costruirsela. Per un po'. E poi "Smokey Joe" Frazier, che Andrea Bacci riesce a far risplendere più dell'attore protagonista, che fa crescere il desiderio di saperne di più sulla sua vita qui accantonata, con "Thrilla in Manila" (il 3^ incontro tra Alì e Frazier) raccontato come se stessi vedendolo là nelle Filippine. E poi le bugie dei musulmani neri, che ricordano vagamente i mormoni di Twain in "In Cerca di Guai" e tutte quelle cose, come l'eterno paternalismo dei bianchi nei confronti dei neri, che Andrea ti mette sotto il naso quasi senza che l'io lettore (nel senso di proprio io) se ne accorga. Non lo so perchè, che di certo Bacci non aveva quest'obiettivo, ma mi sembra uno dei più bei libri scritto sulla condizione dei neri d'America, scritto senza professorismo e alcuna retorica. Godibilissimo anche dagli appassionati di musica nera per far passar loro, una buona volta, l'eterno desiderio di pauperismo di "sveglia al collo e anello al naso". L'unica cosa che non m'è piaciuta è il fatto che, tanto per cambiare, m'ha tirato dentro e m'ha fatto venir voglia di scrivere un romanzo sul pugilato. Tipo, appunto, su Joe Frazier o su Sonny Liston. Ma, purtroppo, come già scrissi, per scrivere di pugilato ci vogliono due marroni così. Andrea Bacci ce li ha. Io non so.

Nessun commento:

Posta un commento