lunedì 1 ottobre 2012

LIBRI DI SPORT (E NON DI BLUES)

Cosa sarebbero stì LIBRI DI SPORT?  Ah, io non lo so. Son gli altri che parlano di libri di sport, come se fossero una roba particolare della, chiamiamola così, letteratura, che anche quest'ultima io non so bene cosa sia. Però di certo stanno da una parte delle libreria: quella con scritto sopra SPORT. Lì ci puoi trovare di tutto: dal manuale per spaccare in due con la testa un blocco di porfido fino a "Futbol" d'Osvaldo Soriano. Tutto lì dentro. Ci si può trovare persino "Il Centravanti è Stato Assassinato Verso Sera", "Il Maledetto United" e persino "Il Professionista" come se fossero la stessa roba delle "Dieci Lezioni per Diventare un Maestro di Tantra Yoga". Però è così che funziona: tutti gli argomenti della narrativa sono una roba, lo sport è tutt'altra. Lo sperimentai per la prima volta nel 2008 quando passai da scrivere libri attinenti al blues ad "A Pedate". "A Pedate" riraccontava 11 celebri partite di calcio cercando lo stesso modus operandi che avevo tenuto per "Compagno Di Viaggio - 9 Racconti in Blues", mettendomi, se possibile, nei panni dei protagonisti e provando a vivere per un poco nella loro pelle. Che fossero Blind Arvella Gray o Ferenc Puskas per me era proprio lo stesso. L'accoglienza di chi aveva idolatrato "Compagno di Viaggio" e "Bluespadano" s'ammosciò. "Un libro sul calcio?". Come se avessi sputato su ciascuna delle due tombe (ma adesso pare ce ne siano tre) di Bobby Johnson, in cui nessuno sa se sotto ci sia veramente lui. E lì a spiegar loro che era stata la mia infanzia vedere Giggirriva tirare delle gran pappine verso la porta d'Anzolin e piangere quando il Milan perse a Verona il campionato del 1973. Mica ero cresciuto pescando pescigatto sullo Yazoo River e mangiando pomodori verdi fritti. No. Ero venuto su vedendo perdere Bitossi a Gap, che quello, vacca ladra, era davvero un gran blues. Ma niente da fare. Non c'era stato verso. Lo sport era una roba che sta più in basso, anche se a ben vedere il buon Omero, con l'Iliade, aveva scritto un libro di sport, solo che Aiace Telamonio mica aveva la punta della spada protetta: a Troia mica arrivavano alle 15 stoccate. Lì era buona la prima. Ciò nonostante rivendico a tutta voce che il cercare di ricreare le emozioni d'un emigrante in Francia, sfruttato e preso per il culo dai transalpini, o in Belgio, nero per la polvere di carbone, quando Bartali e Coppi mollarono tutti sull'Iseran nel Tour del 1949 o quando Fiorenzo Magni si cinse la corona consecutiva dei Giri delle Fiandre, vale come qualsiasi altro argomento. Cristo Santo. Insomma. "Il Professionista" di W.C. Heinz fotte tutti i libri che ho letto quest'anno: persino "Hhhh" di Laurent Binet e "Giuliano" di Gore Vidal. E Elmore Leonard c'ha scritto pure la prefazione o la postfazione, in cui dà le regole per come dev'essere la forma d'un libro, che ti puoi attenere oppure no, sono affari tuoi che mica hai l'obbligo di frequenza. Ma postfazione o prefazione? Che non mi ricordo, con tutto stò casino di libri e cd dappertutto non ci si capisce più un'ostia e non si ritova più niente. Almeno avessi uno scaffale dedicato allo sport che lo ritroverei subito. Vacca ladra.

1 commento:

  1. La letteratura è come i diritti: se cominci a suddividerli in categorie, vuol dire che non hai capito una cippa.

    Non ha senso parlare dei diritti "dei lavoratori", o di quelli "della famiglia" o di quelli "del malato", per il semplice motivo che nella vita ti capita di essere un lavoratore in certi momenti, un malato in altri e di far parte di una famiglia assai spesso. Dunque i diritti sono "della persona" e stop, e si applicano quelli che più si confanno allo "stato" della persona in quel momento. Punto e fine.

    Nella letteratura è lo stesso: se crei scaffali "per argomento" non avrai mai la "letteratura" (dunque nemmeno un lettore, a usar la logica), ma dei titoli vagamente simili e invece tu, quando sei lettore, cerchi di solito un buon libro e quando non è buono lo lasci sul comodino fino a quando ti stufi di vederne la copertina ogni sera prima di prendere sonno, allora lo prendi e lo metti nello scaffale dei "libri che non mi piacciono". E quello sì che è un modo per distinguerli.

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