giovedì 17 gennaio 2013

LO SCRITTORE (O ANCHE IL MUSICISTA, PIU' O MENO E' LO STESSO)

E' il 50^ post del blog perciò riveste una particolare importanza e come tale va trattato. Buona lettura miei bazzicatori.

La parola SCRITTORE deve rivestire una serie di significati ancestrali che racchiudono elementi che attengono a una qualche sorta di sciamanesimo. E' bello farsi dare dello SCRITTORE, è come essere una specie umana che si distingue dalle altre perchè riesce a cogliere aspetti insondabili dell'essere perlopiù  preclusi. Esattamente come i cani con gli ultrasuoni. Credo che l'effetto subliminale della parola sia legato alle prime quattro sillabe, SCRI, che ricordano molto il suono che fanno i sacchetti di patatine quando si appallottolano e si buttano via. Il piacere sta nel ricordo dello scrocchio sotto i denti, molto simile all'appallottolio, di quei veli gialli genialmente salati. Quello dello SCRITTORE è proprio uno status così. Uno status meraviglioso. Ma non è, intendiamoci, una professione: in effetti io ho conosciuto solo una persona che campa facendo solo quello. Lo SCRITTORE è uno stato dell'anima, e se uno ti dice che fa lo SCRITTORE non esprime una professione, ma una sensazione. E, alle volte, è talmente prorompente che nei documenti ufficiali compare come professione. E' uno SCRITTORE, ma per otto ore al giorno fa il ragioniere, oppure il fruttivendolo. Nei casi estremi uno è pure avvocato, ma minimizza, perchè in realtà, dice, vorrebbe fare lo SCRITTORE, e qualcosa ha già scritto e qualcuno gliel'ha pubblicato: magari pagando 2500 euro per 400 copie che dovrà provvedere a vendere in qualche modo, ma non ci saranno problemi perchè, gliel'hanno detto in casa editrice, ha lo stesso, uguale talento di Paco Ignacio Taibo II e la gente ci metterà poco a scoprirlo. Pensate che ho pure sentito dire d'un tizio incluso nei candidati di SEL per le amministrative che ha fornito quale professione l'attività che lo fa campare: pubblico esercente o barista, ma s'è ritrovato SCRITTORE nei santini elettorali, perchè aveva scritto quattro o cinque libri. "Ma cazzo! Io non campo mica scrivendo, io campo spinando birre!". La risposta è stata che lui era in realtà e non lo sapeva, intimamente SCRITTORE  e solo incidentalmente pubblico esercente. La pura realtà è che la parola SCRITTORE ammanta una persona di, come direbbe Paolo Conte, un"afrore di coloniali" (afrore è maschile o femminile? per via dell'apostrofo), e anche chi gli sta intorno, mentre la parola barista, possiamo dire così, lo connota d'altri odori che, vuoi mettere, mica sono così amusant.

Da molto tempo chi scrive (nel senso, io in questo preciso momento) sta su quel pericoloso cordolo in cui si fanno i conti per poter spiccare il volo. Ma quello serve per campare se non hai nessuna buonanima che ti foraggia: 20.000 euro lordi l'anno, per poter contare almeno su 12.000 euro netti. Per chi suona sono 100 gig a 200 euro a serata, o il contrario: 200 a 100. Per chi scrive sono 15.000 libri venduti all'anno (più apparizioni e via così). Se stai sotto c'è qualcuno che, in qualche modo, ti mantiene, oppure una discreta parte dei guadagni è, per forza, in nero. E' un segreto di Pulcinella, ma spesso gli ARTISTI non esistono per il fisco e neppure per la previdenza sociale, ma sono opinion leader e dicono la loro sulla società: soprattutto ora che internet e le community consentono la democrazia liquida e ogni scarrafone di carisma può condividere la sua opinione su varie piattaforme. A loro basterebbe chiedere: "Scusa me la fai vedere la tua dichiarazione dei redditi? Che magari va a finire che non hai partecipato alle spese per la tua operazione d'appendicite il mese scorso...", giusto per farli piantare di dire cagate sui difetti della società in cui vivono, ma, giustamente, mi si obietterà che non si può mescolare l'ARTE col fisco.

Se chi scrive (nel senso, io in questo preciso momento), di cui, magari, qualcuno di Voi ha letto un libro volesse lanciarsi nel mondo degli SCRITTORI, dovrebbe fare i conti con la cifra predetta: 15.000 libri venduti all'anno. Ma diciamoci una buona volta la verità: chi cazzo vende in Italia 15.000 libri all'anno? O 30.000 se scrive un libro ogni due anni? Come cazzo è possibile immaginare di poter campare di scrittura in un paese in cui i dati d'acquisto dei libri sono pari a quelli del Burkina Faso? Anche questo è un enigma (non ho messo l'apostrofo perchè secondo me "enigma" è maschile) della SCRITTURA. Come cazzo è che tutti parlano di libri e non legge nessuno? Come cazzo è che tutti brancicano e sbarbolano dietro a "Fahreneit" e saranno 5.000 persone in Italia che acquistano e leggono più di quindici libri all'anno?
Bisogna davvero aprirsi al senso di meraviglia. E' incredibile quanto i misteri della SCRITTURA siano enormi e avventurosi che quelli antichi di Eleusi sono robette per bambinelli con i denti da latte.

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