mercoledì 23 febbraio 2011

EBREO

Il 27 gennaio è il giorno della memoria. Della Shoa. Yom HaShoa è invece il giorno del ricordo per chi la Shoa l'ha subita, gli ebrei, e questo cade generalmente in aprile/maggio. Probabilmente non s'è unificato il giorno in quanto nel calendario gregoriano, la data dello Yom HaShoa cade un po' troppo vicino alla Pasqua cristiana. Cosa dire del Giorno della Memoria? Binari, neve, clima uggioso e rotaie che generalmente s'infilano dentro al fortilizio di Auschwitz-Birkenau. Immagini forti che vorrebbero non far dimenticare lo sterminio. Eppure chi, come me, fa un lavoro a diretto contatto con la gente ascolta frasi del tipo: "Beh! A essere sinceri Hitler avrà pur esagerato, però....". Più recentemente m'è capitato persino d'avere a che fare con un tizio che non lasciava spazio all'immaginazione: "Hitler doveva fare fino in fondo il suo lavoro. Eliminarli tutti". Un tizio che con gli ebrei credo non abbia mai avuto a che fare: benestante da commercio, macchina di grossissima cilindrata. Paradossalmente molto vicino al comune stereotipo che si ha del membro del "popolo eletto". Diciamo una posizione molto vicina a quella di Adolf Eichmann verso la fine della guerra e durante la "cattività argentina": il quale sosteneva che il suo unico rammarico era di non aver portato a termine il compito prefissato dalla Conferenza di Wansee: l'Endlosung. La Soluzione Finale. Rammarico che, però, pareva essere scomparso quando il commando del Mossad lo catturò nel 1960 ed Eichmann si profuse in una lunga serie "non ho nulla contro gli ebrei" davanti alla corte di Gerusalemme. Certo l'idiozia è una malattia parecchio diffusa e il tizio in questione doveva esserne parecchio affetto, ma c'è dell'altro anche laddove l'idiozia non pare abitare. Evitando con cura di rispolverare l'animo dei buoni cristiani che vendevano una nuova identità agli ebrei durante le leggi razziali in cambio di consistenti somme di denaro, ripristinando una moda lanciata nella cattolicissima Spagna al tempo dei "conversos", e tralasciando pure le importantissime connivenze cattoliche nell'Organizzazione Odessa, il sistema di complicità che ha consentito a moltissimi quadri intermedi delle SS di fuggire in paesi sicuri, che però hanno una tenebrosa testimonianza nel passaporto che Adolf Eichmann utilizzò per fuggire dall'Europa nel 1950, in cui un francescano alto-atesino, Padre Edoardo Domoter, garantiva che il titolare del documento era tal Riccardo Klement, evitando tutto ciò possiamo comunque fare un paio di riflessioni. La causa ebraica venne adottata da tutti nel dopoguerra, non era possibile rimanere indifferenti all'abominio della Shoa, ma fin da subito sorse il problema di come classificare le persecuzioni delle ebrei in Unione Sovietica. Come ci si doveva comportare? Utilizzare il criterio del doppio binario? Gli ebrei deportati dai nazisti erano buoni, mentre quelli che Stalin perseguiva non erano poi tanto buoni? E poi ancora, leggendo "Le Irregolari" di Massimo Carlotto ci si rende conto che nell'ancora una volta cattolicissima Argentina, durante gli anni della Guerra Sporca, ai fermati ebrei era riservato un trattamento particolare: molto più accurato nella somministrazione di sofferenze aggiuntive. Per poi arrivare ai giorni nostri, in cui la parola ebreo incute un certo timore, preconcetto persino, nei confronti di quelli che da qui s'adoperano per i poveri palestinesi o per la causa araba. Come se la parola ebreo significasse gretto guerrafondaio e oppressore: da tenere escluso da concetti come "pacifismo". E' ovvia la confusione tra ebreo ed israeliano, ma spesso non si va molto per il sottile. Ebreo è quindi una parola che assume pure il significato d'aggettivo. Eppure anche in Israele c'è chi s'è dato da fare per il processo di pace: Yitzhak Rabin, per fare un nome, ed è pure evidente che ci sono molte persone che non condividono le posizioni dei "falchi" di Liebermann. Definire un israeliano un oppressore a priori è come dare del continuo puttaniere o del pasticcione a un italiano, visto ciò che ultimamente ci caratterizza all'estero. Non credo ci voglia un gran colpo d'ala per capirlo, ma non lo si capisce. C'è qualcosa che tocca, come dicono giù in Emilia. E il qualcosa che tocca è il preconcetto che si perpetua fin da bambini. Quello che vi racconto è capitato a me, mentre trasportavo mio figlio di otto anni in macchina. Ascoltavo nell'autoradio "Tell Tale Signs" di Bob Dylan e il piccolo m'ha chiesto chi fosse. Gli ho risposto "Bob Dylan". "E chi è?". La prima cosa che m'è passata per la testa è dirgli: "E' un musicista ebreo", pensando all'incredibile stuolo di menti creative che l'ebraismo ha prodotto. Ma poi ho pensato che non potesse sapere cosa fosse un ebreo, che nessuno gliene avesse mai parlato. "Ma sai che cos'è un ebreo?". "Certo", m'ha risposto, "sono quelli che hanno ammazzato Gesù". E' un bene che ci sia Il Giorno della Memoria, bisogna stare attenti, però, all'antisemitismo strisciante e ai Padri Domoter che s'annidano nelle parrocchie.

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